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mercoledì 22 febbraio 2017

Amicizia ritrovata: Naufragio

L'acqua scorre a dirotto sui vetri, cola a secchiate. Alessandra è ferma, un bivio le divide la strada, accosta, fuma e si ritrova a volerla finire con calma, quella sigaretta, aspirandone ogni boccata. Le serve per riflettere, accumulare tra idrocarburi e catrame la forza necessaria per lottare contro il muro d'acqua che non è acqua, è cemento che sta sigillando,  circondandola,  ogni poro della pelle. 
Compone il numero e sa che ritroverà un muro alto da quella parte. Non trema, sente la voce alterata riconoscendola. Tutto si spiega con  poco, l'impossibilità ad infrangere il muro di cemento che è diventato d'acqua davanti ai suoi occhi. 
Lo sente quel muro riversarsi addosso con tutta la potenza del mare in tempesta, di onde che prendono forza da una rabbia lontana, accumulata, e si abbattono solo perché sei lì al posto di altri. Oltre l'oceano arriva addosso la voglia di liquefarsi, confondersi con l'acqua che la devasta, restarne non sepolta ma dispersa. Poi arrivano i giorni e le notti in gusci, rifugi, cave abbandonate, scrigni, pietre e calde spiagge assolate. Vele all'orizzonte, ma solo per lei. Notiziari ascoltati ogni mattina con caparbietà, risentendoli più volte. È asciutta, calda,  ancora viva. Il destino le gira attorno, in spire e vento, ricompatta le cose, l'avvolge e srotola in miriadi di sentieri di forza, bellezza, cuore e lotte. È asciutta, calda, ancora viva. Alla riva del fiume tra le canne gli occhi si guardano senza riconoscersi, sono guardinghi, naufraghi, si misurano in falsi sorrisi. Niente ritorna in mente subito, solo l'imbarazzo di calpestare suoli di metri quadri adiacenti, di dire qualcosa di carino, confortante, che non pesi. Che non renda oltremodo penoso il momento, poi arriva l'onda a riprendersela, pietosa, e lei grata, non c'è più.

Clotilde Alizzi