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giovedì 2 febbraio 2017

Amicizia ritrovata: Amicizia manchevole

Gegè aveva mandato tutti a foglio quinto.
Al punto in cui erano arrivati poteva considerare amici, ormai, gli  sconosciuti che facevano ressa nei negozi per gli sconti, o quegli altri, silenziosi e per i cazzi propri, assorti dentro un libro o imbambolati a fissare il paesaggio in corsa dietro i finestrini.
Col treno andava in città ogni giorno, e adesso aveva pensieri nivuri e avrebbe gridato "Merda e merda" a tutti, che si era fatto un culo così per tenere in piedi ogni cosa in nome dell'amicizia. Ma l'amicizia di chi?  verso che cosa?
S'era messo a pittare pesci per non annegare. Gli sembrava che nuotando dentro un mare tutto suo, potesse non affogare ingollando quell'amaro.
I castelli in aria erano volati via, lontano, verso le negghie, superando i monti, che non si vedevano più; e pittava pure sul treno. Pittava e pittava.
E pittava il mare e i pesci che sembravano veri, più veri di quegli amici che ... lasciamo perdere.

Avrebbe fatto comizi nelle scuole. D'ora in poi, avrebbe parlato di amicizia, perché non era possibile che nessuno si accorgesse che, se pure questo bene batteva in ritirata, sarebbe andato perso per sempre e per davvero il modo migliore di stare a questo mondo; che è un diritto per ogni uomo, starci, e non significa vivere bene in uno Stato, una città, una casa, una stanza, un letto, ma vivere, soprattutto, in un luogo fatto di persone a cui tieni, tu per primo, e ai quali, a non vederti un giorno solo, mancheresti.
Aveva alzato gli occhi dall'ultimo pesce, dalla rabbia gli era venuto male e somigliava pure a uno dei suoi vecchi amici, uno di quelli che gli mancava tanto.


Adelaide J. Pellitteri