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lunedì 16 gennaio 2017

Amicizia ritrovata: La posso consegnare io questa lettera?

La posso consegnare io questa lettera, la dia a me. - Ma lei è una parente?
-No, sono un’amica. Non sta bene, la signora è al letto con la febbre! - Non gliela posso dare.

 E così il postino s’attacco al campanello del citofono fino al punto da farmi alzare dal letto.

Franca scese lo stesso e s’affaccio al portone.

 Era un avviso di ritardo di pagamento, una cosa molto personale, ma Franca non fa caso a certe cose. Abitiamo accanto da trent’anni, non ci frequentiamo, ma siamo amiche.

-Non ti sei offesa, vero? Sapevo che eri a letto…me lo ha detto tuo figlio stamattina.

-Certo che no, l’avrei fatto anch’io…oggi sto meglio, grazie, ciao, ci vediamo.



Parole buttate li - a volte fra amici si parla poco, oppure non si parla affatto, l’amicizia presuppone la conoscenza, ma chi può dire quanto, e se, due persone si conoscono? Nella mia vita prima di usare certe parole ho avuto bisogno di un lungo esercizio, anche la parola amicizia era misteriosa, a casa mia non veniva molta gente e quando li sentivo parlare di questo a quell’amico, mi veniva in mente la figura di qualcuno evocato ma mai presente, certamente qualcuno di importante e forse difficile da avere .
Può succedere che si diventi inabile all’amicizia; il solipsismo è ricorrente. Può succedere anche, però, che più un’amicizia stenta e più si rivela importante. Successe qualche anno fa che Margherita ricomparisse nella mia vita, la bambina in compagnia della quale  avevo passato molti anni. Poi si sposò, prese un lavoro in un paese vicino, si tenne alcune cose che mi appartenevano;  il resto lo lasciò a me, penso diversi ricordi arrabbiati, alcune scelte incomprensibili, conoscenze e amicizie comuni che ogni tanto la citavano, il vizio di fumare. Arrivò accompagnata da una amica comune, voleva rivedermi; aveva in mano incartata una piantina di violette – come sei gentile, la metto in balcone, ride e me la prende di mano – è di plastica, dice. Franca sa che mi piacciono le piante vere - attraverso un canale sotterraneo, scendo giù con l’emozione come  ascensore, mi deposita ai piedi del passato e non mi fa più risalire. Tanto piccole da non comparire, sotto le mentite spoglie di bambine timidissime si nascondevano furfanti che solo le madri riuscivano a tenere a bada, tutto lì. Margherita dopo un po’ si alzo' dalla sedia, si guardò allo specchio e mi costrinse a venirle accanto, raccolse il fermaglio che avevo lasciato sul tavolino e si appuntò i capelli: che dici, mi stanno meglio alzati? Ripetevamo un vecchio schema, le parole usate, il tono di voce, il medesimo sguardo su di me, io su di lei. E pensai  ai miei genitori e ai loro amici che io non ho mai visto a casa, né loro.



Rosa La Camera