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giovedì 20 ottobre 2016

Vento

C’era un vento che spostava i bambini. L’ultima volta era successo cinquant’anni prima, che Fernanda aveva accompagnato suo figlio Pinello alla scuola materna, lo accompagnava tenuto per mano e nell’altra il bambino aveva il suo cestino della merenda, come si usava a quei tempi, l’orario che ci andavano tutte le mamme, lei aveva un po’ di fretta che in quel periodo lavorava dall’Aurora, trattoria per camionisti, nelle cucine, e anche quel giorno, lì di fronte al cancello della scuola materna c’era un vento forte, che le altre mamme riparavano i figli sotto la falda del cappotto lungo, che le foglie secche e la polvere di strada non andassero negli occhi, i bambini si godevano quegli ultimi minuti di ala chioccia, il vento creava dei mulinelli che superavano in altezza l’inferriata della scuola, poi Fernanda s’era strofinata gli occhi con le dita dopo una folata, che tutti si erano messi di spalle tranne lei, e quando era passato il polverone suo figlio Pinello non c’era più accanto a lei e il sangue le era salito alla testa e aveva cacciato un urlo che non lo vedeva più, e s’era sentita chiamare mamma mamma, e suo figlio Pinello era finito sotto il cappotto della signora Ferrante, quell’antipatica delle bomboniere, e anche lei, Fernanda, s’era scoperta tra le ginocchia Carlino, il figlio di Elsa, quello con le caccole al naso, che s’era subito guardata le calze sotto l’orlo della gonna che non ci fossero le caccole appiccicate sopra, e come Pinello e Carlino tutti gli altri bambini si erano mescolati tra loro, scambiandosi le mamme, è stato il vento, dicevano, un vento così forte capita ogni cinquant’anni.

Raimondo Quagliana