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mercoledì 10 dicembre 2014

Via Labicana

Quella sera, uscendo da casa, Pamela non avrebbe mai pensato che appena venti minuti dopo non sarebbe stata altro che un cadavere steso sulla Labicana. 
Pamela non era una ragazza straordinaria, anzi, era abbastanza normale, nonostante si ritenesse un artista. Ancora stava cercando in quale settore artistico avesse talento: aveva provato a suonare il pianoforte e la chitarra ma i suoi vicini di casa le avevano sconsigliato di continuare la lezioni; si era messa a dipingere ma non ne capiva niente di disegno; si improvvisò anche poetessa ma quando regalò la sua prima poesia al ragazzo del momento, quello la mollò.

Il venerdì sera prendeva il motorino e si recava dalle parti di Trastevere, c’erano gli spettacoli che clown e cantanti e acrobati e attori regalano al pubblico delle piazze.
Capitava spesso che Pamela andasse fuori con amici suoi. Si sentiva molto sostenuta nel suo percorso artistico da loro. Purtroppo erano le uniche persone convinte che lei avesse talento. 
Insieme a Monica, Pamela si sedeva sempre in prima fila, nella speranza che il clown ambulante la notasse al momento in cui avrebbe avuto bisogno di qualcuno del pubblico. Solo che quelli finivano sempre per chiamare dei bambini. Pamela si arrabbiava e cominciava a criticare lo spettacolo.
Quella sera doveva essere una sera come tante altre: doveva vedersi con Monica, Gianni, Fabio attorno alle 22 alla piramide, per poi andare in giro, come al solito, per le vie m’as-tu-vu di Roma.
Prima di accendere il motore dello scooter aveva cliccato on sull’i-pod: prima canzone  “Destinazione paradiso”, di Gianluca Grignani.
Destinazione paradiso! Proprio la canzone che Pamela aveva provato a cantare da piccola al Bambino d’oro ma senza successo. Era arrivata ultima…
Pamela sin da bambina era convinta dal suo immenso talento, tanto grande che era sicura che un giorno sarebbe stata intervistata a Domenica in. Sì, aveva partecipato all’Eredità, ma tra il pubblico, questo non era certo un granchè di risultato. Sino ad ora era stata rifiutata dappertutto, compreso al Grande fratello. 
Ma non aveva rancore verso la produzione del G.F.: nella sua stanza  continuava ad appendere i poster dei concorrenti che via via arrivavano per poi andarsene vaffanculo o a  chicazzosenefrega.
Pamela abitava con altre tre ragazze. Da due anni e mezzo faceva la vita studentesca. Si era iscritta alla facoltà di Lettere, indirizzo lettere moderne.
Pochi tuttavia erano i libri di studio nella propria stanza. E peraltro stava pensando di lasciare gli studi; anzi l’avrebbe già fatto se non fosse che i suoi genitori minacciavano di non darle neanche un centesimo se l’avesse fatto. Non aveva alcuna intenzione di finire per fare la commessa, in fondo lei aveva talento. 
Quella sera giunse a porta S. Giovanni proprio mentre l’I-pod stava allora suonando “Quella che non sei”. Aveva un ricordo particolare legato a questa canzone. Di fatti era la canzone che aveva contrassegnato la sua relazione con Marco, uno sfigato del suo stesso tipo. Lei si era innamorata di lui, lui di lei e la loro relazione durò tutto il tempo delle vacanze passate nel campeggio di Sant’Anna al mare.
Pamela andava in vacanza ogni anno con i suoi, sempre nello stesso villaggio. Ogni anno faceva amicizia con tanti ragazzi, tutte amicizie che finivano per essere intime.
Tranne che l’anno in cui aveva conosciuto Marco, uno che studiava scienze politiche e da tre anni era iscritto al primo anno. Era molto bianco di pelle, un fantasma, probabilmente perché viveva solo di notte e perciò non vedeva mai il sole: si alzava verso le 18, usciva attorno alle 23 e tornava a casa alle 07.30 ubriaco fradicio.
Per Pamela fu l’amore a prima festa. Appena giunta in spiaggia per il dancing notturno, subito aveva notato quel discobolo moderno, che però aveva, al posto del disco, una bottiglia perenne di Heineken.
Da quella notte in poi dormirono una volta da lui ed una volta da lei fino a quando ritornarono nei propri paesi e si lasciarono.
Pamela arrivò su viale Manzoni che Ligabue aveva già finito. Adesso c’era una canzone che le piaceva da morire. Da anni era la sua canzone preferita e l’ascoltava più volte al giorno.
Segretamente pensava di poter cominciare la sua carriera artistica rifacendosi a quella che  considerava un modello di perfezione sia con riguardo al testo che alla partitura.
Sentire quel ritornello romantico le faceva accapponare la pelle.
Erano parole che nessun ragazzo avesse mai avuto il coraggio di dirle. Forse per questo molti ragazzi odiavano quella canzone. Addirittura uno scrittore, in televisione, aveva detto che secondo lui, la ragazza descritta nel testo, avrebbe dovuto mandare il cantante a quel paese.
Persa in questi pensieri Pamela arrivò davanti all’hotel Mercure dove aveva lavorato per un anno allo scopo di pagarsi gli studi. Aveva lavorato come donna delle pulizie ma il lavoro non le era piaciuto più di tanto.
Una volta era entrata in una stanza pensando che i suoi occupanti fossero in giro a guardare le pietre di Roma e invece li pescò che stavano facendo sesso. 
Era un lavoro faticoso. E poi non aveva nemmeno buoni rapporti con i colleghi. 
Stava pensando proprio a loro quando Pamela si accorse che mentre stava attraversando il semaforo da giallo si era trasformato in rosso. Frenò di fretta. Purtroppo il taxista dietro di lei non aveva avuto la sua stessa idea e anzi accelerò per raggiungere subito l’altra parte dell’incrocio.
Pamela rimase sull’asfalto di via Labicana sotto un cielo stellato.
Mentre spirava, dall’I-pod la voce di Battiato prometteva di prendersi cura di lei.


Michael Moutoy